Attualmente il turismo invernale nelle valli ladine è caratterizzato da una forte monocultura dell’industria dello sci, con cui sta in piedi o cade l’intera stagione. Una monocultura che ha bisogno della massa per funzionare economicamente: più sono i “bip” ai cancelletti degli impianti, più è alto il profitto. Questa massa di sciatori/trici è allo stesso tempo benedizione e condanna per le valli ladine: da una parte è motore economico, dall’altra è la causa principale del quotidiano black-out per la mobilità locale. La massa di sciatori da tempo non proviene più soltanto dagli alloggi in valle, il bacino va dalla val d’Isarco alla val Pusteria e oltre. La Sellaronda è la mecca per gli sciatori e la “vacca da mungere” a cui ambiscono operatori e operatrici turistiche di ormai tutta la provincia. Da decenni ormai i progetti di collegamento alla Sellaronda compaiono e scompaiono, rimanendo fantasmi in agguato. Così, tra l’altro, l’idea di collegare l’Alpe di Siusi e quindi la roccaforte turistica del Castelrotto, al Monte Pana aprendo il varco diretto verso la Sellaronda. Ambizioni che non sembrano tenere conto delle conseguenze sociali e ambientali per le valli ladine.
Anche l’impianto della Forcella del Sassolungo si inserisce in questo contesto. Attualmente è attivo soltanto durante la stagione estiva, utilizzato soprattutto da escursionist*, arrampicatori e arrampicatrici. Nella forcella del Sassolungo ci sono due rifugi, che da testimonianze dirette già ora sono confrontati con masse di persone di gran lunga superiori alle proprie capacità soprattutto in termini di spazio e di risorse. L’acqua scarseggia e in passato è stato necessario deviare ad una nuova falda per far fronte alla necessità crescente. Si aggiunge poi la paura che un potenziamento dell’attuale impianto andrebbe a spianare la strada per un’apertura invernale, trovandosi infatti in una posizione strategica per l’asse Alpe di Siusi/Monte Pana. Una prospettiva raccapricciante per un ambiente naturale così fragile e delicato, a cui anche i due rifugi non sembrano ambire.
Infine, il continuo aumento delle temperature medie nell’ecosistema Alpi procede a passo accelerato, con un attuale riscaldamento medio di ca. +2 gradi. Vari studi scientifici sullo sviluppo climatico a lungo termine mettono in discussione l’intera esistenza dell’industria sciistica nelle Alpi. In futuro lo sci come lo conosciamo oggi non esisterà più.
In questo contesto, di complessi intrecci sociali, economici e ambientali, un potenziamento dell’impianto della forcella del Sassolungo è assolutamente da evitare. Continuare a investire – anche soldi pubblici – nel potenziamento dell’infrastruttura sciistica, è un investimento cieco e conservativo, quando invece i tempi richiedono apertura a innovazione e diversificazione.
Un approccio davvero innovativo e in linea con gli obiettivi del piano climatico provinciale invece, sarebbe il mantenimento dell’attuale impianto, e se tecnicamente davvero impossibile, l’opzione di uno smantellamento andrebbe presa seriamente in considerazione passando per un processo partecipativo tra popolazione locale e i diversi stakeholder.
L’innovazione ecologica inizia da decisioni chiare e volte al futuro, spesso difficili, ma di cui abbiamo urgentemente bisogno se davvero vogliamo lavorare ad una trasformazione non solo ecologica, ma anche sociale ed economica per l’Alto Adige-Südtirol che lo renderà più resiliente e in forma per il futuro.
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